Storia

Cento anni dal giorno in cui Rovereto, dopo Arco e Riva, ha avuto
l’onore di ospitare la sede della Società Alpinisti Tridentini
(S.A.T.), cento e sette anni se si tiene conto della presenza di Cesare
Boni, roveretano, alla riunione di Campiglio del 1872 durante la quale
il sodalizio fu fondato. Un traguardo comunque il 1979, il cui
significato va ben oltre il secolo di vita.

Ognuno di questi cento anni ha segnato, infatti, più di una tappa nel
campo dello sport più puro, più autentico più affascinante: l’alpinismo.

Più puro perchè non chiede ricompense, più affascinante perchè la gioia
di una cima raggiunta in umiltà non ha eguali. E non solo tappe
esaltanti nella pratica dell’alpinismo, ma rivelatesi determinanti anche
nell’evoluzione storica della nostra regione.

Cent’anni di sacrifici, di conquiste, di rinunce, di lotte per uno
squarcio di cielo azzurro, l’incontro con un fiore, lo sguardo
interrogante di un camoscio, l’incanto di un panorama. Alle volte solo
una boccata d’aria che sa di resina, di libertà, di immediatezza con la
natura, di poesia.

“La città asfissia l’uomo – ha scritto un alpinista – I monti ed i
ghiacciai lo temperano a vita rigogliosa”.

“Pilastri del cielo” sono state definite da un roveretano (è il titolo
del suo diario di ascensioni) le torri di pietra nuda che svettano più
alte sulla crosta della terra, fiabesche canne d’organo modellate dal
vento, dalla tormenta, dal ghiaccio, dalle tempeste per un invito ed
un’offerta di impegno, di onestà, di chiarezza, di solidarietà, di
ispirato coraggio.

Forse una briciola di quella verità che l’uomo sta inseguendo
angosciosamente da quando si è chiesto perchè vive e muore, è lontana
dalle città che asfissiano, è sulla vetta di quei pilastri che
sorreggono il cielo.

Ma non è soltanto in questo e con questo spirito che la S.A.T. di
ROVERETO celebra il centenario della sua nascita. La passione per la
montagna è stata pure caratterizzata fino allo scoppio della Guerra
Mondiale da altre componenti non meno importanti e significative: il
patriottismo, innanzi tutto, poi l’amore per la scienza in generale. Dal
1872 al 1914 la S.A.T. non ha soltanto indicato traguardi alpinistici
da raggiungere, non ha costruito soltanto rifugi, non ha soltanto
tracciato segnavie, non ha soltanto riempito annuari e bollettini di un
prezioso tesoro di saggi, dissertazioni, statistiche, articoli sulle
nostre ed altre montagne, ha anche lottato in mille modi, sempre a viso
aperto sotto gli sguardi attenti della polizia, spesso sfiorando
processi e prigione, per l’italianità delle terre trentine e la loro
unione alla patria originaria, geograficamente e storicamente.
Inutilmente si è tentato di soffocare ciò che spontaneamente sgorgava da
una moltitudine, si può ben dire dalla totalità, dei residenti di
lingua italiana.

Beppina Costa, tanto per citare il nome di una roveretana, è stata
condannata a quattro settimane di carcere per aver sventolato un
tricolore durante una gita con amici sul Penegal nel 1914.

La scienza. Non vi era evasione verso la montagna che non offrisse
l’occasione per studiare e classificare fiori ed erbe, rocce e minerali,
riportare alla conoscenza leggende, squarci di cronaca, proverbi,
figure e fatti dimenticati, registrare dati statistici, meteorologici.
Due roveretani, Emanuele Malfatti e Ruggero Cobelli, per un
venticinquennio hanno rilevato tre volte al giorno temperatura, umidità,
stato del cielo, pioggia della Vallagarina fornendo delle statistiche
utilissime per l’agricoltura.

Intere generazioni di famiglie roveretane hanno dato il loro sostegno
morale e sostanziale alla S. A. T. I Costa, i Malfatti, i Thaler, i
Cobelli, i Cofler, i Piscel, altri hanno dato il loro contributo di
sangue alla causa della redenzione.

Già fin da allora abili e coraggiosi roveretani hanno inciso il loro
nome a caratteri indelebili nei libri di vetta dei nostri e di altri
monti.

Non vi è stato sinistro, sventura, disastro, calamità che non abbia
provocato la solidarietà dei nostri alpinisti, continuata e manifestata
anche in seguito con il Natale Alpino, una sincera e generosa mano tesa
verso popolazioni povere delle vallate. Nei giorni dolorosi ed
angosciosi del terremoto di Messina del 1909 pure un alpinista
roveretano è corso ad unirsi ai soccorritori volontari.

Rovereto ha ispirato ed affidato ai torchi di tipografie roveretane
Annuari e Bollettini della S. A. T.

Dopo la guerra 1915-18 in seno alla S.A.T. sono andati delineandosi e
poi concretizzandosi, in concomitanza con nuove esigenze sportive,
scientifiche ed umane, gruppi di alpinisti “specializzati”: il Gruppo
Sciatori, il Gruppo Grotte, il Gruppo Rocciatori ed il Gruppo del
Soccorso Alpino, ciascuno dei quali ha contribuito con i suoi uomini ad
illustrare ulteriormente a livello nazionale ed internazionale il
prestigio della S.A.T. roveretana.

Dal 1879 al 1914, quando la sede sociale per statuto si alternava ogni
due anni fra Rovereto e Trento, tre sono stati i presidenti roveretani:
Emanuele Malfatti per tre bienni (6 anni), Carlo Candelpergher per
cinque bienni e mezzo (11 anni) e Piero Pedrotti per un biennio. Ed è
stato quest’ultimo a riprendere in mano le redini del sodalizio subito
dopo la guerra, sia pure per pochi mesi.

Dopo il conflitto sono i nomi di Giovanni Spagnolli (due volte ministro e
poi presidente del Senato), di Amedeo Costa, di Mario Rigatti e dei
rocciatori Pino Fox, Armando Aste, Mariano Frizzera, Graziano Maffei,
Sergio Martini e Angelo Miorandi che hanno fatto echeggiare il nome di
Rovereto e dell’alpinismo roveretano sotto il cielo d’Italia, di Europa e
d’oltre Oceano.

Spagnolli consigliere del C.A.I. (1960 – 1971) poi presidente generale
dal maggio 1971, per tre volte. Malgrado i suoi impegni di governo non
vi è stata assemblea della sezione S.A.T. roveretana alla quale egli non
abbia fatto pervenire la sua nostalgica ed appassionata adesione.

Amedeo Costa consigliere del C.A.I. (1949-1952 e 1967-1972),
vicepresidente generale (1953-1960), organizzatore per la parte
logistica della spedizione al K2, responsabile del C.A.I. del settore
film di montagna.

Mario Rigatti revisore dei conti del C.A.I. centrale (1953-1955).